I Cremoncini commercianti di vetri
e cristalli e la SS. Annunziata
Il 18 ottobre 1896 alla SS. Annunziata si scrisse il ricordo:
“Il padre priore A(mbrogio) Vitali adunò i padri vocali nella sala di foresteria e propose di acquistare le lumiere del fallito Cremoncini che dava a nolo alla nostra chiesa. E fu stabilito di comprare quelli piccoli da L. 25 circa ciascuna, più tre grandi e qualche altr’oggetto utile alla chiesa. E ciò con voti n. 11 tutti favorevoli”.
Il “fallito Cremoncini” allora era Raffaello di Filippo, titolare della ditta in società con il figlio Luigi, entrambi “commercianti di vetreria e cristallami”. Avevano il negozio a Firenze in via dell’Oriuolo 51.
La loro attività è descritta nella sentenza di fallimento del 9 ottobre 1896 – curatore Giulio Frosali –, e consisteva più precisamente “in vetri, specchi, lastroni da lanterne, lumiere da sala e da chiesa” ed “in commissioni diverse, per conto di terzi”.
La ditta era stata costituita il 4 novembre 1881 per rogito Cocchi, e successive modificazioni. Raffaello e Luigi erano accomandatari, mentre Giulio Cremoncini, altro figlio, era accomandante “perciò a responsabilità limitata al suo capitale posto in società e già versato e quindi non fallito.
Lo stesso giorno ebbe luogo anche la dichiarazione di insolvenza della ditta di “vetri ed edilizia” sempre dei Cremoncini in via dell’Oriuolo 53, in quanto Raffaello ne era “responsabile senza limitazione”.
Era un fatto comune nel commercio e tuttavia, leggendo il ricordo, viene spontaneo di segnalare il buon cuore dei frati nel dare un aiuto in un brutto momento e il conseguente loro riconoscimento nei confronti di una famiglia che aveva avuto la sua parte nelle vicende, oltre che dell’Annunziata, di Firenze.
I Cremoncini infatti erano stati una famiglia numerosa con una storia che iniziava da lontano e che non è facile ricostruire, vista la frammentarietà dei documenti.
Nel 1794 Luigi (diverso da quello citato) e i fratelli risultavano fabbricanti di lavori in vetro e di cristalli con una casa a Livorno. Nel 1817 Eugenio (anche lui diverso da quello di sopra) e i fratelli contribuivano ai vetri della chiesa di Santa Felicita di Firenze.
Tra 1826 e 1853 Luigi e Filippo intraprendevano una lunga e poco onorevole controversia con causa civile per il possesso della palazzo Pretorio e della rocca medievale di Carmignano, contrastati dal popolo del luogo. Negli anni ‘60 Eugenio di Filippo era iscritto attivamente alla Società di Orticultura e forniva i vetri della nuova chiesa di Santa Caterina delle Scuole Leopoldine. Nel 1866 appariva condurre il negozio in via del Proconsolo 13 e 18. Negli anni ‘80 era ricordato col titolo di cavaliere.
Raffaello (nato 1826), invece, secondo il Censimento 1861, era stato “ministro” della fabbrica di vetri Gérard a San Vivaldo di Montaione, dove aveva dimorato circa una decina d’anni con la moglie Artemisia Schwerer, Angelina la figlia di 18 mesi, la suocera Giuseppina di Friburgo in Baviera, Giulio e Filippo figli nati nel luogo, Emilia Donati domestica e Mariliana Spini balia di Montaione.
Erano stati anni nei quali era aumentata la fortuna della ditta di famiglia che aveva ottenuto commissioni importanti anche per prestigiosi enti pubblici, come il Regio Museo di Firenze.
Nel 1887 poi Raffaello aveva avuto una menzione onorevole all’Esposizione Regionale Toscana e nel 1889 aveva acquisito la ditta del fratello Emilio in piazza di Santa Maria in Campo. Nel 1889-1890 (Annuario Lossa) era ricordato in via dell’Oriolo 51 con una “officina a vapore per l’argentatura e la arruotatura dei cristalli” e il negozio di “lastre e campane di vetro nazionali e estere, luci da specchi” ecc.
Nel 1896 il fratello Stefano di Filippo vendeva cristallerie, porcellane e terraglie nazionali e estere in via del Proconsolo 18.
Nel prospero periodo la famiglia si ritagliò una parte anche nella cultura letteraria di Firenze e della Toscana.
Giuseppe di Stefano, nato nel 1869, fu un richiesto fotografo dei luoghi di Dante. Morì giovane il 31 dicembre del 1897 in un incidente nel magazzino del negozio, durante l’accensione di un lume a gas.
Raffaello celebrò in una pubblicazione le nozze di figlio Luigi con Virginia Paoletti nel 1888 e si associò nel 1891 alla contribuzione all’edizione delle Poesie Italiane del p. Geremia Barsottini delle Scuole Pie di Prato.
Il figlio Martino, che appartenne anch’egli alle Scuole Pie, conseguì il sacerdozio nel 1885 a San Michele di Volterra e fu scrittore e traduttore dal tedesco per la conoscenza della lingua dovuta alle ascendenze materne.
Giulio, infine, nato a San Vivaldo nel 1861, ebbe anch’egli fortuna come poeta e letterato e fu iscritto in qualità di commesso all’Accademia della Crusca. Nel 1896 firmò un articolo sul Numero Unico “18 Maggio” riguardante la bella lampada del Terremoto offerta dai fiorentini alla SS. Annunziata per lo scampato pericolo dal sisma. Nel 1899 sposò Vittoria Masieri e per le sue nozze Raffaello compose un altro libretto celebrativo. Morì il 5 luglio 1905.
Dopo il fallimento della ditta del 1896, concluso nel 1901, e forse anche dopo la perdita delle speranze riposte in Giulio e in Giuseppe, i Cremoncini dovettero modificare le attività di famiglia. Nel 1908 e 1916 Luigi risultava negoziante di “vetrami e cristallami” in via dei Rustici 3 (magazzino della famiglia nel 1892), mentre Stefano era titolare di negozio e fabbrica sempre in via dell’Oriuolo 53, e di porcellane, vetrami e stoviglie in via del Proconsolo 18, ma con un successore, Pietro Nannicini, confermato nel 1933.
F’altronde, in aggiunta alla concorrenza che si era fatta agguerrita, anche la società s stava modificando almeno riguardo all’illuminazione. Alla SS. Annunziata la luce elettrica era diventata più di moda delle lumiere, come si legge in un ricordo del 13 dicembre 1920:
“Adunato il discretorio per l’aggiunta di due lampade elettriche in coro e 2 in chiesa (all’arco delle cappelle di crociera) con un preventivo massimo di lire cinquecento (L. 500) e fu approvata la proposta con se (6) voto favorevoli, quanti erano i padri discreti”.
Paola Ircani Menichini, 26 agosto 2022.
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